Avete mai sentito parlare del Prince de Paris? No, non è un nobile in tight con il monocolo, ma quasi. È un prosciutto. Ma non un prosciutto qualunque: è il re dei prosciutti cotti, l’unico ancora prodotto a Parigi, a mano, con pazienza certosina e ingredienti da favola. Un’eccellenza nascosta dietro un portone al numero 166 di Rue de Charonne, nel cuore pulsante dell’undicesimo arrondissement.
UNA STORIA CHE PROFUMA DI PARIGI E SPEZIA
Il prosciutto cotto parigino ha una storia lunga, radicata nel Medioevo, quando già si salavano e cuocevano le cosce di maiale per conservarle nei rigidi inverni del nord. Ma il jambon de Paris come lo conosciamo oggi – dolce, umido, rosato – nasce nel XIX secolo, quando i salumai parigini iniziano a raffinare le tecniche e i gusti. Poi arrivano l’industrializzazione, le macchine, le vasche di salamoia standard e la produzione di massa. Il prosciutto buono si fa altrove. Ma non per tutti.
Perché c’è una famiglia bretone di irriducibili, i Loussouarn, che ha deciso di non mollare. Due anni fa, padre e figlia hanno rilevato la piccola Maison Doumbéa, l’ultima salumeria rimasta nella capitale. E lì, con la calma e il rispetto di chi sa cosa fa, continuano a preparare a mano un prosciutto artigianale, autentico e straordinariamente buono.
COME NASCE UN PRINCE DE PARIS?
Tutto parte da una coscia intera di maiale francese, con l’osso. Ogni coscia viene marchiata a fuoco con il nome della maison – come si fa con le botti di cognac – poi disossata à l’os coulé, cioè sfilando l’osso senza lacerare la carne. Un’arte vera, quasi chirurgica.
A questo punto, inizia la magia: si inietta la salamoia a mano, con una piccola siringa, direttamente nell’arteria femorale. Un lavoro certosino, millimetrico, che serve a distribuire bene aromi e sale in tutta la carne. La salamoia è fatta con sale di Guérande, spezie profumate e un infuso di verdure fresche. Tutto francese, tranne un tocco di pepe di Kampot (dal profumo incredibile).
Il prosciutto viene poi immerso per 24 ore in una salamoia liquida e infilato in una chaussette, una calza che gli dà la sua classica forma tondeggiante. Poi cottura a vapore per 9 ore, lentamente, fino a raggiungere i 68 °C al cuore. Il risultato? Un prosciutto tenero, rosato, umido, profumato. Unico. E qui non ci sono macchinari: l’unico robot è il forno.
“Una coscia = un prosciutto”. Niente trucchetti industriali, niente assemblaggi di tagli diversi. Qui è tutta ciccia vera.
DOVE TROVARLO
Il Prince de Paris lo potete trovare solo nelle salumerie migliori della città, quelle vere, con la vetrina che profuma di spezie e brodo buono.
Ma anche i grandi chef lo adorano:
IL PROSCIUTTO DELLA RESISTENZA (in tutti i sensi)
Il jambon de Paris non è solo buono: è anche un pezzo di storia francese. Durante la Prima guerra mondiale, quando c’era poco di tutto, il prosciutto cotto era una risorsa proteica preziosa, veloce da preparare e relativamente facile da conservare. Un boccone di casa per i soldati in licenza.
E anche durante la Seconda guerra mondiale, sotto l’occupazione tedesca, i salumai parigini resistettero con creatività: trovavano ingredienti alternativi, cuocevano come potevano, non si arresero mai alla fame. In qualche modo, il prosciutto continuava a uscire dai laboratori. Un simbolo silenzioso di resistenza e ingegno francese.
Il Prince de Paris non è solo un prosciutto cotto: è una dichiarazione d’amore alla tradizione, un gesto lento in un mondo che va troppo veloce, un sapore che racconta storie, anche senza parlare. E quando lo assaggi – magari tra due fette di pane di campagna caldo – senti che non stai solo mangiando… stai celebrando qualcosa.