COPPA

IL GUSTO DELICATO DELLA COPPA PIACENTINA

Il simbolo culinario per eccellenza della provincia piacentina è sicuramente la coppa, le cui origini antichissime, forse celtiche, rendono questo gustosissimo salume, una vera e propria istituzione in Emilia Romagna. Le prime tracce degli allevamenti di maiali nella zona di produzione della Coppa Piacentina DOP si possono far risalire a un millennio prima dell’era cristiana.

In seguito, si ritrovano testimonianze anche nella civiltà romana, attraverso reperti archeologici come un ciondolo-amuleto bronzeo, in cui è rappresentato un piccolo maiale. Raffigurazioni di questo animale sono presenti all’interno dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio, in Val Trebbia, dove si può ammirare un mosaico, databile al XII secolo, che rappresenta il “sacro” rito della macellazione del maiale. All’inizio del XV secolo, i negozianti di Milano e della Lombardia già distinguevano i salumi piacentini da quelli provenienti da altre località della pianura padana qualificandoli come “roba de Piaseinsa”.

Successivamente, nei primi decenni del Settecento, i salumi piacentini riuscirono a farsi apprezzare anche negli ambienti elitari di Francia e Spagna, per merito di un abile diplomatico piacentino, il cardinale Giulio Alberoni. Cilindrica, leggermente più sottile a un’estremità, la Coppa Piacentina si presenta in una consistenza compatta ed omogenea, con la fetta di colore rosso inframmezzato di bianco rosato in presenza del grasso sin dall’800 allorchè veniva chiamata bondiola.

La Coppa è prodotta con carne proveniente dal collo del maiale e la lavorazione può avvenire esclusivamente nel Piacentino – terra di microclimi ricchi di umidità – mentre le carni possono provenire da maiali ‘pesanti’ allevati in’Emilia-Romagna o dalla Lombardia.

La lavorazione avviene in cinque fasi:

1) La Salatura che è una delle fasi più delicate in quanto è necessario calibrare correttamente il sale e gli aromi (noce moscata, alloro, cannella, chiodi di garofano): non facile, considerando che siamo in presenza di un salume di piccole dimensioni. L’isolamento del muscolo cervicale deve essere effettuato subito dopo la macellazione. Il trasporto allo stabilimento di trasformazione deve avvenire entro le 72 ore successive con mezzi refrigeranti, per poi procedere con la rifilatura e spremitura dei vasi sanguigni. Il muscolo, opportunamente tagliato in un solo pezzo, viene ricoperto con la miscela di spezie e riposto in un ambiente freddo per almeno sette giorni. Un tempo veniva massaggiato a mano per far penetrare e assorbire sale e spezie.

2) La Fasciatura: il muscolo viene avvolto con cura nella “pelle di sugna”: uno strato sottile e trasparente (il peritoneo) che avvolge l’intestino del maiale; questa “pelle” serve da protezione e contribuisce alla stagionatura, come il budello del salame.

3) La Legatura: si procede a legare strettamente con un grosso spago tutta la coppa, per evitare che la pelle di sugna si possa staccare facendo penetrare aria che potrebbe danneggiare il salume. Con un’estremità dello spago si crea un lungo anello che serve per appenderlo.

4) L’Asciugatura: Il pezzo viene prima sottoposto a foratura e poi messo ad asciugare all’interno di appositi essiccatoi a temperatura variabile tra 15 e 25°C. Viene appesa per 10-15 giorni in un apposito locale, un tempo nel solaio, e qui la coppa perde una notevole percentuale d’acqua.

5) Stagionatura: è la fase molto delicata di maturazione, deve avvenire ad altitudine inferiore a 900 metri, sennò diventa ‘cuppa ad muntagna’ , tipica della Val Nure – e durare almeno sei mesi. E più si avanti nel tempo, più assume il suo inimitabile gusto dolce e delicato. Questa lunga stagionatura la differenzia dalla Coppa di Parma, che invece ha una stagionatura minima di 60 giorni. Un tempo avveniva in cantina, oggi invece può essere svolta in appositi locali con condizioni ambientali controllate.

Il prodotto finito ha un peso non inferiore a 1,5 kg dopo che ha perso per strada anche il 40% in un anno di stagionatura. Al taglio, le fette si presentano omogenee, di colore rosso vivo alternato al bianco rosato delle parti grasse. Il gusto, dolce e delicato, si affina procedendo con la maturazione. Una buona coppa deve essere bella tonda. Al taglio il grasso e il magro non dovrebbero essere nettamente separati ma dare equilibrio al gusto. Meglio la fetta spessa o sottile? I gourmet la preferiscono tagliata a mano “a scaglie” (ma la fetta non deve essere intera), molti la preferiscono tagliata sottile con l’affettatrice. L’estremità, tagliata a cubetti, è una prelibatezza.

Per conservare al meglio la Coppa Piacentina DOP si consiglia di rimuovere il diaframma parietale esterno, avvolgerla in un canovaccio leggermente inumidito e mantenerla in frigorifero. È buona norma procedere al taglio quando è ancora fredda, per ottenere una fetta compatta, ma è preferibile consumarla a temperatura di almeno 10°C, in modo da apprezzarne appieno gli aromi. Ottima come antipasto – in abbinamento ad altri salumi e formaggi, oppure accostata a burro e melone – può essere protagonista anche di gustosi primi e secondi piatti. Il “risotto alla Coppa Piacentina DOP”, le crespelle gratinate oppure i timballi, ne sono un esempio.